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Banche Ue a rischio «leva»

di Monica D'Ascenzo

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8 ottobre 2008

L'Europa è più a rischio di Wall Street? L'eccesso di leva finanziaria che ha fatto esplodere la crisi dei grandi gruppi finanziari americani, rischia ora di minare anche gli istituti europei? A giudicare dal crollo in Borsa delle banche inglesi, tedesche, belghe e olandesi sembrerebbe proprio di sì: gli investitori hanno cominciato a guardare con preoccupazione crescente al leverage di colossi come Barclays, Deutsche Bank, Ubs e Ing , il cui rapporto tra indebitamento finanziario netto e patrimonio netto (la leva, appunto,) è ormai il doppio dei colossi di Wall Street. Basti pensare che il leverage di Barclays è pari a 61/1 (il debito è cioè 61 volte superiore al patrimonio), quello di Deutsche a 53/1 e quello di Bnp a 36/1: prima del fallimento, Lehman aveva un rapporto di 31/1 e Goldman Sachs è oggi a quota 26/1. In questo contesto, le banche italiane sembrano essere state più prudenti delle concorrenti europee: la leva è ai livelli più bassi della classifica.

Che la situazione sia oltre il livello di guardia è confermato anche da altri indicatori, come per esempio il coefficiente patrimoniale (patrimonio netto sul totale attivo): un coefficiente da 8 in su è considerato come una soglia sicura dagli analisti. Ebbene, Barclays risulta avere un coefficiente patrimoniale pari a 1,6, Deutsche Bank 1,8, Ing ha un rapporto del 2,1 e Ubs del 2,04. Fra i maggiori gruppi europei, Royal Bank of Scotland risulta avere il coefficiente migliore, pari a 5,2. Ma perchè usare un nuovo indicatore quando le banche centrali guardano ancora al cosiddetto Core tier1? Secondo gli analisti, è stata una necessità: il Core tier1 resta il benchmark ufficiale, ma visti i disastri degli ultimi 6 mesi si è ritenuto opportuno guardare anche ad altri indicatori.

Il Core Tier1, usato finora per giudicare lo stato di salute degli istituti di credito (Bankitalia richiede che sia almeno pari a 6), non si è rivelato infatti sufficientemente affidabile in un contesto completamente nuovo come quello seguito alla crisi dei subprime e di conseguenza alla crisi finanziaria. A differenza del Core Tier1, che tiene conto del patrimonio netto rettificato e del totale attivo ponderato, il nuovo indicatore incorpora meglio, secondo gli analisti, i rischi legati all'approvvigionamento di liquidità e ai potenziali processi di deleverage. Il Core Tier1, inoltre, non evidenzia l'incidenza dei mutui, valutati come poco rischiosi, e la forte esposizione all'investment banking.

Ma le banche europee sono davvero in pericolo? Certamente una leva molto alta in un momento in cui l'intero sistema è impegnato in un processo di deleverage non è incoraggiante, ma bisogna anche valutare la qualità degli attivi. Nel caso di Barclays, ad esempio, viene evidenziato come il gruppo britannico sia molto diversificato geograficamente e abbia una forte componente di banca commerciale accanto all'investment banking. Comunque sia, nel panorama continentale, risultano particolarmente deboli gli istituti tedeschi. Oltre a Deutsche Bank, viaggia sotto quota 2 anche Hypo Real Estate (1,2), la banca appena salvata dal governo. Ma anche per Commerzbank e Deutsche Post il coefficiente è molto basso: rispettivamente 2,3 e 2,1.

Le banche italiane
Per l'Italia gli analisti continuano a sottolineare la solidità patrimoniale delle banche e i numeri questa volta danno loro ragione. L'Italia presenta una media del rapporto patrimonio netto/totale attivo migliore del resto dei Paesi europei se si considera il paniere delle sette maggiori banche del Paese: 7,9 che si confronta con la media di 2,7 francese, di 2 ella Germania e di 4,4 della Gran bretagna. In particolare Mediobanca può vantare un coefficiente patrimoniale pari al 17,7 che non ha eguali in Europa. La media è inoltre sostenuta dal 10,4 del Banco Popolare e dal 9,6 di Ubi Banca. Intesa Sanpaolo e Banca Monte Paschi di Siena si collocano a quota 7,6, seguite dalla Banca Popolare di Milano a 6,9. Per Unicredit, invece, il nuovo indicatore si ferma a 6,1.

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